Il bisogno di riabbracciarsi

Quando ho preparato la valigia per il Festival 2021, la stanchezza era lo stato d’animo centrale. Arriviamo da mesi di aperture, chiusure, home working, call, presenza online, lavoro in presenza, mascherine, gel disinfettanti, termometri… mesi in cui si continuano a contare i contagi con ondate a più riprese. Oggi meglio, oggi peggio, meno tamponi, più tamponi.

Sono mesi di grandi camminate in salita e la vetta, visti gli ultimi dati, pare sia ancora lontana. Iniziamo a intravederla, forse, ma credo che in questo momento solo chi è munito di una sfera di cristallo possa sapere cosa ne sarà di noi tra qualche mese.

Il Festival è stato più volte rimandato (in presenza), spostato online, rifatto in modalità blended, o mista che dir si voglia, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

Ti assicuro che rivedersi di persona dopo quasi due anni è stato davvero strano. Il problema principale che pervadeva tutti era l’incapacità di riconoscersi con le mascherine. Chiedo quindi perdono a quanti ho incrociato e non salutato…credetemi, non tutte le fisionomie rimangono uguali dietro una mascherina.

Per farti ridere, l’ultimo giorno ho incontrato Marco Granziero sulla scala del Palariccione e, un po’ imbarazzata, gli ho chiesto se per caso avessi passato gli ultimi 2 giorni a non vederlo o se fosse appena arrivato. Fortunatamente la seconda risposta era quella corretta.

Le sessioni!

Anche quest’anno le sessioni erano variegate e permettevano di spaziare su diversi argomenti. Fundraiser internazionali e italiani hanno portato al Festival la loro esperienza, restituendo in diversi casi piccole perle di saggezza davvero molto utili e interessanti.

Come sempre mi ero fatta un piano di attacco, ma alla fine quando si è al Festival ci si fa trascinare dai colleghi per capire quale sessione vale la pena seguire.

Con il mio ticket riceverò le registrazioni delle sessioni e questo è molto interessante, perché mi permetterà di recuperare i pezzi che ho perso. In alcune sono arrivata tardi, causa disassamento degli orari, altre si sovrapponevano con quelle che ho deciso di seguire.

Tra quelle seguite mi porto nel cuore:

Paul De Gregorio – Building Big Digital Movements

Paul ha raccontato diversi esempi di come le persone possono essere coinvolte in modo attivo nelle ONP e di come sviluppare l’engagement, tema caro a molti fundraiser e addetti comunicazione.

Ingaggiare le persone, coinvolgerle attivamente, significa fare in modo che la mission della tua ONP diventi per loro una specie di Bibbia, che li smuova e li attivi. Non dobbiamo però concentrarci su cosa le persone dovrebbero fare, dovremmo porre il nostro focus su come contagiarli, come trasmettere loro la mission e i valori. Una volta che avranno messo “un pezzo del loro cuore” nella nostra ONP, il gioco è fatto! Attivarli non sarà più un problema.

This is not slacktivism. Paul ad un certo punto ha detto questa frase. La riporto qui perché forse dovremmo scrivercela sui post-it giganti in ufficio. Non vogliamo persone che si fermino ai like, ai cuoricini e alle condivisioni sui social, alla partecipazione fredda insomma! Abbiamo bisogno di creare una rete che si attivi generando davvero un impatto forte. Che diventi testimonial, portavoce, segno quindi di un cambiamento.

Per creare tutto questo dobbiamo essere chiari nel chiedere alle persone quello che vogliamo! Paul De Gregorio ci ha raccontato la campagna politica di Bernie Sanders, che aveva avuto un’immensa mobilitazione digitale, ma oltre a questo c’erano volontari in carne ed ossa che si sono attivati. L’esempio più famoso sono i volontari che chiamavano gli elettori e chiedevano loro di votare per Bernie. La stessa cosa era capitata durante la campagna di Obama, ma anche durante la più recente campagna di Joe Biden. Ricordi Obama che telefona a un’elettrice?

Ovviamente non va chiesto a tutta la community lo stesso impegno, ma ci sarà chi potrà essere coinvolto maggiormente e chi meno. Anche in questo caso è fondamentale sapere bene con chi parliamo e segmentare i nostri pubblici in modo attento.

Di base dovremmo capire anche noi, come staff, se ci mobiliteremmo e come ci mobiliteremmo. Qual è il senso di bisogno che esprimiamo, l’urgenza, la necessità di cambiamento.

Paul ha chiuso poi con un suggerimento interessante, che voglio scrivere qui a imperitura memoria. Le ONP per fare tutto questo non devono solo pagare consulenti o agenzie e dare così il lavoro in outsourcing. Devono attrarre talenti, coinvolgerli e (aggiungo io) tenerseli stretti, motivandoli e dando loro il giusto stipendio. Altrimenti non si va da nessuna parte!

Simona Biancu e Silvia Cendron – Prenditi cura di ME.
Il Museo Egizio: il fundraising, la community, lo sviluppo.

Avevo deciso fin da subito di partecipare a questa sessione. Prima di tutto perché stimo Simona Biancu e, in secondo luogo, perché ero curiosa di sentire qualcosa di più sul lavoro svolto da lei e Alberto Cuttica al Museo Egizio.

Ho visitato il Museo Egizio il 1° gennaio 2020 e, senza vergogna, ti dico che è stata la mia prima visita. Stranamente le mie maestre e prof delle medie non hanno mai portato la mia classe a visitarlo e il periodo egizio non è tra i miei periodi storici preferiti.

Quando l’ho visitato, mi si è aperto un mondo. In questi anni la stima verso il Direttore, Christian Greco, è cresciuta moltissimo e sapere che un museo di tale importanza si sta orientando verso il fundraising mi riempie di orgoglio e mi dà grande speranza sul fundraising per la cultura. Spero possa essere segno di una svolta importante nel panorama italiano, per la cultura in generale e per la professione di noi fundraiser.

Simona e Silvia ci hanno raccontato come il fundraising è entrato a piccoli passi all’interno del Museo e di come stanno dando voce a ricercatori e collezioni, cercando di emozionare i donatori. Io posso assicurarvi che mi sono stra-emozionata a visitarlo e quando ho ricevuto la prima dem dell’Egizio ho detto: “Woooow” e l’ho girata a tutti i colleghi. La passione e l’eleganza con cui era scritta restituiva a pieno l’aria che si respira all’interno dell’Egizio.

Tornata a casa, non ho potuto far a meno di acquistare il libro, recentemente uscito per Einaudi, scritto proprio dalla Presidente del Museo, Evelina Christillin, e da Christian Greco.

Federica Maltese – Donne e leadership nel non profit.

Quest’anno c’era anche il Non Profit Women Camp al Festival, con una specifica sessione di Federica Maltese, che ha ripercorso il ruolo della donna connesso al tema della leadership. Ovviamente non posso che essere in linea con quanto Federica ha portato nella sessione, ma tra tutte sento di sottolineare una cosa, su cui sto riflettendo molto in questo periodo.

Si tratta del tema del “tempo”, cioè del momento giusto in cui senti di dovere fare delle cose. Succede e spesso si intreccia con altre cose in corso. Ecco come la vita si interseca con il lavoro e quant’altro. Noi donne sentiamo queste esigenze, ma spesso il mondo del lavoro non è pronto a gestirle. Ecco che un contratto a tempo indeterminato a una ragazza di 30 anni può essere “rischioso” perché “potrebbe volere dei figli!”, oppure un avanzamento di carriera potrebbe generare nei capi la riflessione: “Okay, ti ho fatto crescere, ma ora non è che rimani incinta?”.

Cari capi: e anche se fosse? La nostra professionalità verrebbe compromessa? Non voglio aprire qua il dibattito, ma se volete continuare ad approfondire, vi consiglio di seguire il camp e tutte le sue iniziative!

E molto altro ancora…

E poi anche quest’anno non mi sono persa la sessione di Roger, che, come dice lui, ormai so a memoria, ma che è sempre un piacere ascoltare!

Oltre a questo, cito la sessione di Unieuro, tenuta da Marco Titi, che è stata davvero illuminante, soprattutto perché era bello vedere un’azienda che non ha paura dello smart working. Quanto dobbiamo imparare noi del terzo settore sul tema smart working? Molto!!

Networking e mentoring

Quest’anno, poi, ho investito davvero molto sul networking, nel senso che ho anche saltato una sessione perché mi sono persa a commentare quella precedente con una collega. Ho sempre vissuto grandi momenti di networking durante il Festival, ma mai come quest’anno sentivo il bisogno di confrontarmi con altri colleghi.

Novità del 2021 è stato il mentoring, per cui ho sudato 25 camicie. Ero tra i mentor del Festival e collegarsi dall’app di Hopin o dalla versione mobile è stato davvero complesso, complice anche una connessione parecchio instabile.

I temi che avevo scelto sono le contaminazioni e i libri per il fundraiser.
Il post sui libri lo trovi qui. Sulle contaminazioni lo trovi qua.

E, nella foto, Liborio, durante la nostra sessione di mentoring.

Cosa mi porto a casa?

Molto, come sempre, accompagnato dall’affanno di voler fare di più come fundraiser ogni giorno in ufficio. C’è sempre tanto da fare, da imparare. C’è poi il confronto che si genera durante il Festival e che non va mai preso come senso di inferiorità, ma come voglia di crescere. Si impara sempre dai più bravi e, soprattutto, al mio sesto Festival del Fundraising in presenza, mi sento di dire che non sono arrivata da nessuna parte. Anzi.

Se mi sentissi arrivata, non starei qua a scrivere Unaerredueti, non fisserei negli appunti le cose belle di questi giorni. Non ritornerei a sfogliare il mio taccuino per trovare spunti e idee.

Ora ti faccio un regalo.

Durante la sessione Fundraising Challenge, Daniele Fusi ci ha portato questo video come esempio. Te lo consiglio e ti consiglio di condividerlo con i tuoi colleghi. Perché raccontare è facile, ma raccontare con un certo tono e un certo impatto…bisogna saperlo fare. Anche nel Terzo Settore!

Perché le cose pietistiche…hanno rotto!

Mi hanno anche consigliato dei libri!

Tra le diverse chiacchierate, cito Laura Lugli e Gastone Marchesi, che hanno voluto condividere con me dei consigli di lettura che vi voglio riportare assolutamente.

Riguardo la gestione del tempo lavorativo, si è parlato molto in questo anno anche di come coordinare al meglio le risorse quando si è a distanza. I tool sono diversi, ma il buon senso è quello che deve prevalere sempre. Ci sono però metodi di lavoro e di pianificazione che aiutano a lavorare bene anche se distanti. Laura mi ha consigliato di leggere Holocracy. Come superare la gerarchia di Brian J. Robertson e Reinventare le organizzazioni di Frederic Laloux e Ken Wilber.

Sono titoli che, in realtà, mi ero già messa nella wishlist “Digital Transformation”, nata dopo aver frequentato il master al Tag di Milano.

Gastone invece, durante la sessione con Paul De Gregorio, mi ha consigliato di leggere l’autobiografia di Obama, che racconta, tra le varie cose, la comunicazione dietro le campagne politiche. Su questi temi, se può interessarti, segui Francesco Costa, che di America e politica americana ne sa davvero tanto! E poi Symone Sanders, portavoce di Kamala Harris. Classe 1989. Per dire!

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