Perché un Master in Digital Transformation?

Ho chiuso con il Fundraising! O meglio, ho schiacciato un attimo il tasto pausa.

Proprio così, ho voluto lasciare un attimo da parte i classici discorsi da Fundraiser e il classico ambiente formativo dei Fundraiser per fare un salto fuori dalla comfort zone.

A volte, continuare a confrontarsi con i propri simili non aiuta. La forza sta proprio nella diversità, nell’ascoltare cose che hanno poco a che fare con il tuo ambiente, la tua comfort zone lavorativa, ma che potrebbero aiutarti a lavorare meglio.

Sentivo il bisogno di conoscere qualcosa di nuovo, di approfondire argomenti che mi affascinavano da tempo, ma che avevo rimandato per tempistiche, logistica e, cosa non meno importante, per i costi.

Ho iniziato a curiosare un po’ online, chiedendomi cosa mi sarebbe piaciuto fare, cosa avrei voluto imparare.

Nel cercare tra le diverse opportunità che internet mi offriva, mi sono resa conto che c’era una materia che mi interessava più di altre e che mi portava un po’ fuori dal mio habitat lavorativo: la Digital Transformation.

Troverai tantissimi corsi su questo argomento. Gratuiti, costosissimi, meno costosi, di scuole dalla dubbia validità, di scuole molto valide, di università… La scelta non manca e, da questa rosa, ho scelto il Master in Digital Transformation del Talent Garden di Milano.

E così, a dicembre 2020, ho mandato la mia candidatura e dopo il colloquio la risposta è stata: sei a bordo. Ci stai?

Le aspettative

Quando si comincia qualcosa di nuovo, le aspettative sono sempre molto alte.

Ho provato a fare un elenco di quello che mi aspettavo.
In breve, volevo capire:

  • di più del metodo Agile e come inserirlo nel mio modo di lavorare;
  • come applicare la Digital Transformation al Terzo Settore. Alla luce degli sconvolgimenti dell’ultimo anno, è necessario lasciarsi contaminare da buone pratiche digitali e questo, a mio avviso, non deve avvenire solo nella raccolta fondi online, ma anche sulla gestione dei progetti;

Insomma: capire, capire, capire. E cos’ho capito?

Primo impatto

All’inizio era il caos.

Sono arrivata al Master e di Agile avevo letto solo il manifesto, sapevo ben poco di business model canvas, di emphaty map e molte altre cose.

Non avevo mai usato Mirò, Tableau, Orange e non sapevo cosa fosse uno sprint, men che meno la programmazione. Quando mi hanno nominato il metodo kanban mi sono scritta sugli appunti: “approfondire” e la sera stessa mi sono guardata un po’ di video esplicativi su YouTube.

Il 5 febbraio 2021 ho iniziato il Master, carica di energia. Dopo 1 ora avevo già una lista di libri da comprare su Amazon, che ovviamente nei weekend successivi è cresciuta, grazie ai docenti, allo scambio con i compagni e anche a causa dell'”algoritmo di Amazon”, che mi ha portato poi a spaziare su temi a me più affini.

Le lezioni a distanza

Una delle più grandi perplessità che avevo erano le lezioni a distanza. Lo scorso anno avevo sentito i feedback dei ragazzi del Master in Fundraising e di Talenti per il Fundraising e avevo percepito grande difficoltà nel seguire ore e ore di lezione online.

Personalmente, fatto salvo alcuni seminari o formazioni brevi di un paio di ore serali (come per la scuola Holden), non avevo mai sperimentato l’e-learning per un Master, ma mi sono fidata per due motivi:

  • le lezioni on demand non fanno per me, fatico davvero molto a tenere il ritmo e spesso con questi corsi mi relaziono come l’abbonamento in palestra. Pago e non ci vado, che qua diventa: pago e non li seguo;
  • un Master in Digital Transformation fatto on-line non può essere fatto male per via dell’essenza di base del corso stesso.

A esperienza conclusa posso dire che è davvero impegnativo restare concentrati on-line, forse bisognerebbe spegnere del tutto i cellulari per non avere troppe distrazioni dalle notifiche che continuano ad arrivare. Insomma, bisogna essere stoici e un po’ leopardiani per uscirne vincenti!

Cosa mi porto a casa?

Un metodo che spero di poter in parte applicare nel mio modo di lavorare in team, ma anche in autonomia.

Tanti input diversi, come prevedevo, lontani dal mondo della raccolta fondi, eppure così vicini a tematiche che mi affascinano da sempre e che sì, ci sono anche nella raccolta fondi, vanno solo cercate!

Una rete, che comprende, in particolare, le persone con cui ho sviluppato il project work, ma anche gli altri compagni e i docenti.

Nuovi tool, come Mirò, che è davvero fenomenale per fare brainstorming a distanza! E poi, tra i miei vari approfondimenti, ho anche capito come utilizzare Trello in modalità kanban. E infine Tableau, per la Data Visualization!

La fame di sapere! Sì perché adesso sto finendo un corso in Design Thinking fatto da Filippo Scorza, che ci ha seguito per il project work, e poi, come dicevo, ci sono un sacco di libri che aspettano solo di essere letti e studiati e altri che devono ancora essere comprati.

Un’esperienza vissuta in un periodo in cui davvero è difficile trovare stimoli ed essere reattivi e non apatici.

Un’opportunità colta al volo. Lo smart working e le limitazioni a spostarci ci hanno liberato molto tempo. Perché non usarlo per investire su di noi?

E ora come lo applico?

Questa è la domanda che mi è stata fatta dai miei compagni di Master, ma anche da chi in questi giorni mi ha chiesto informazioni sul percorso.

È una domanda che mi faccio anche io da qualche tempo, perché quest’esperienza mi ha davvero lasciato una serie di input che mi piacerebbe provare a concretizzare.

Uno dei primi libri che ho comprato sull’Agile si chiama Agile Marketing e l’ho scelto proprio per cercare quei punti di congiunzione tra l’Agile e il Fundraising.

Mi sono imbattuta in questo libro facendo un po’ di ricerche su internet e LinkedIn. L’ho letto e ora devo riprenderlo in mano con carta, penna e post-it. perché è un manuale da leggere e rileggere all’occorrenza.

La mia verità

Quello che mi sono risposta è che la Digital Transformation non è solo realizzare prodotti digitali innovativi che cambieranno il mondo, spesso è anche digitalizzare processi che sono sempre stati analogici.

La Digital Transformation parte da noi, da piccole azioni quotidiane che ti aiutano a ripensare in modo più semplice e snello quanto prima svolgevi in modo complesso. Dall’uso di Drive per correggere in diretta i documenti condivisi a un Calendar per segnarsi gli appuntamenti.

Nel Fundraising, è anche smettere di contare le cose dai fogli Excel e iniziare a usare il CRM, il fantomatico database, per analisi e riflessioni sull’andamento della nostra raccolta fondi e sullo stato di salute (donativa) dei nostri sostenitori.

Il Covid ha dato un’accelerata alla raccolta fondi online, ma la Digital Transformation nel mondo del Fundraising è solo iniziata. Sono certa che serviranno sempre più persone pronte e preparate a concretizzarla ogni giorno.

Fare Digital Transformation non è semplice, ma è una sfida da vivere giorno dopo giorno. È un viaggio che porta le aziende a interrogarsi, a mettersi in discussione.

È una sfida che non è più tempo di rimandare.

Concludendo

L’augurio che faccio a noi tutti Fundraiser è di riuscire a farci promotori di queste sfide. Perché il cambiamento non deve solo avvenire a causa di fattori esterni, ma deve venire anche per capacità di visione interna a lungo termine.

E i board devono esserne coscienti, ancora una volta!

Perché nel 2021 è già tardi!

Lasciatemi dire un grazie

Un percorso non si fa mai da soli, quindi i ringraziamenti sono sempre d’obbligo. Grazie quindi a:

  • Simone, che mi ha accudita durante i weekend di Master, intensificando la cura quotidiana che mi offre sempre.
  • chi mi ha sostenuta in questa scelta, in particolare le “gherls” del Non Profit Women Camp, Giovanna, Federica e Valentina.
  • Francesca Arbitani, che ha frequentato questo Master prima di me e che grazie al programma referral mi ha fatto avere un piccolo sconto. (Per info sul programma, scrivetemi!)
  • CasaOz e i colleghi che hanno accettato con pazienza i miei cambi di orario. Ma, dato che siamo una bella squadra, siamo riusciti a portarci a casa ottimi risultati anche in questi mesi!
  • amici e parenti che sono stati rimbalzati, perché tra Master e altre cose da fare, a volte le energie non mi assistevano sempre.

E infine…grazie al dream team con cui ho lavorato al project work in queste settimane. Serena, Elena, Cristiano, Luca e Maurizio. Persone che nella vita fanno lavori completamente differenti dal mio e che hanno reso questo Master ancora più interessante!

Data la distanza, siamo riusciti solo a farci una foto di gruppo così:

Se vuoi ricevere informazioni sul Master del Talent Garden contattami qui: [francesca.cerutti87@gmail.com]

2 pensieri su “Perché un Master in Digital Transformation?

  1. Mattia scrive:

    Grazie Francesca, il tuo articolo mi è stato utilissimo per molte riflessioni che stavo facendo riguardo alla formazione e alla digital transformation. Un abbraccio.

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